Istituita lo scorso anno a seguito di un referendum popolare che ha sancito l’unione territoriale e amministrativa dei due maggiori centri dello Ionio Cosentino, Corigliano – Rossano, ad oggi terza città calabrese per numero di abitanti, figura nuovamente nel circuito del PJF con due importanti tappe del Festival.
I concerti saranno ospitati in quelle che, nei due territori di riferimento, grazie, da un lato, alla joint-venture con il “Corigliano Jazz&Soul” (evento a cura di LiberaMente Onlus), e dall’altro, ad una virtuosa sinergia tra l’amministrazione comunale e importanti aziende del territorio (prime fra tutte La Pietra Srl, Montagna Spa, Simet Srl, Amarelli Srl e Ottica DiLernia Srl), hanno rappresentato due location storiche dell’evento: il cortile del Castello Ducale (che con le sue quattro torri cilindriche e un alto mastio del 1073 domina l’ingresso meridionale della Piana di Sibari e che è senza dubbio uno dei castelli più belli e meglio conservati del Meridione) e il chiostro di Palazzo San Bernardino (vero e proprio gioiello architettonico, adiacente all’omonimo Convento, che ha rappresentato il primo edificio sacro di rito latino–cattolico della città).
L’unione dei due paesi ha creato una città efficiente, funzionale e ricca, sia dal punto di vista economico (nel suo territorio, compreso nell’area protetta del Parco della Sila, oltre a fertili terreni in cui vengono coltivati agrumi e ulivi hanno sede importanti aziende produttive e sorge uno dei maggiori porti calabresi), che storico/artistico, con due centri storici con tantissimi monumenti degni di nota.
Si va dalle chiese coriglianesi di S. Antonio (eretta nel XV secolo e poi ricostruita intorno al 1740), S. Maria Maggiore (X sec., con dipinti di scuola napoletana ed esempi del Settecento calabrese), e della Madonna del Carmine (con tre portali in pietra di stile gotico-catalano del XV secolo), ai palazzi nobiliari rossanesi; dalla splendida Cattedrale della Madonna Achiropita, all’Oratorio di San Marco (che rappresenta un capolavoro dell’architettura bizantina sacra in Calabria), fino al preziosissimo “Codex Purpureus Rossanensis”, manoscritto onciale greco custodito nel Museo Diocesano di Arte Sacra e dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità nel 2015.